La guerra sotterranea

La FIAT di Modena ha licenziato un operaio ribelle.

Dal 28 luglio è fuori dallo stabilimento senza salario.

Fuori dalle fabbriche si chiacchiera di democrazia. In fabbrica la norma è la dittatura, il lavoro forzato, l’ordine produttivo, che non può essere messo in discussione.

La Fiat non poteva sopportare un operaio che assieme ad altri sosteneva apertamente: "Operai, non fatevi consumare la vita per far arricchire i vostri padroni".

La FIAT non poteva sopportare un operaio che aveva svolto un ruolo di punta nel far bocciare dalla maggioranza un accordo sui sabati lavorativi.

Un giovane operaio del genere andava fatto fuori costruendo la giustificazione dello scarso rendimento.

Questo hanno pensato e deciso i cervelloni della FIAT. Il sindacato confederale con un comunicato ha avvallato il licenziamento, dagli scioperi che si sono svolti nei reparti si è dissociato.

Cosa succederebbe se il modo di pensare di questo operaio prendesse piede, se prendesse piede il tentativo che ha rappresentato di ribellione degli schiavi delle galere industriali?

Cosa succederebbe se gli operai della FIAT da Modena a Melfi prendessero collettivamente coscienza che nei ritmi massacranti, attraverso le migliaia di semplici e monotone operazioni che ti consumano i muscoli e il cervello, si realizzano i guadagni degli azionisti? Si realizza la ricchezza dei borghesi, la loro bella vita?

Quali conseguenze avrebbe per il sistema fondato sul profitto e il lavoro salariato? Quali le conseguenze per tutte le classi che vivono sullo sfruttamento operaio?

OPERAI,

la corsa al profitto nella crisi restringe gli spazi di manovra, spinge i padroni ad ammutolirci, a cancellare definitivamente dalle fabbriche ogni segno di ribellione.

Con il ricatto del posto di lavoro, i salari da fame e la collaborazione dei sindacati, i padroni pensano di aver definitivamente vinto la guerra nelle fabbriche, di avere mano libera.

L’accanimento con cui la FIAT ha voluto colpire a Modena dimostra invece che la ribellione operaia non è stata annientata e fa ancora paura.

Il licenziamento di Francesco è per gli operai un insegnamento: non si può affrontare un nemico così determinato senza un’organizzazione di militanti operai altrettanto agguerriti. Senza uno stretto collegamento fra tutti gli operai che vogliono farla finita con la schiavitù del lavoro salariato.

Un’organizzazione degli operai in classe non ce la darà nessuno.

Non la darà nessun partito borghese di quelli che sono al governo o all’opposizione, nessun sindacato che collabora con i padroni, siano essi nazionali o padani.

Gli operai devono fare in proprio.

Il primo passo: gli operai ribelli devono collegarsi. Il padrone non deve poterli colpire singolarmente.

Oggi ha gioco facile, altro gioco sarà quando dovrà vedersela con la forza collettiva della classe degli operai.


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